mortaSarebbe fuorviante ricondurre l'opera pittorica di Liverani esclusivamente ad una dimensione psicologica personale; infatti egli lascia sempre avvertire un sotterraneo richiamo alla condizione esistenziale dell'uomo contemporaneo, alle sue ansie, a quel senso di spaesamento e forse di inquietante abbandono, e di aspirazione ad un centro di forza e di ancoraggio che sono i nodi problematici della modernità. Ed è attento osservatore delle esperienze dell'arte contemporanea, almeno nel momento in cui raggiunge alla metà degli anni Sessanta una sicurezza che gli assicura la piena maturità espressiva. In quegli anni le poetiche dell'informale non avevano ancora esaurito la loro carica innovativa e l'espressionismo astratto di matrice nordamericana conservava forte vitalità e il potere di attrazione. In queste tendenze, ricerca, con partecipazione emotiva, un insegnamento o meglio un'indicazione di stile. Così la sfera della soggettività si coniuga a quella culturale in una compenetrazione che sarà una costante della sua personale visione della pittura. Ripercorrendo il suo itinerario artistico, dopo i lavori degli esordi, caratterizzati da una certa discontinuità figurativa, ma con tratti stilistici già definiti, si incontra un gruppo abbastanza omogeneo di opere realizzate nel 1957 che non so se in modo appropriato, potrebbero ancora essere chiamate "nature morte"; in esse oggetti immediatamente riconoscibili più che essere collocati nello spazio fisico, vagano nel colore e sembra che non riescano a trovate una sistemazione. Così natura e pittura, oggettività e soggetto appaiono termini polari di una prospettiva di ricerca che aspira all'ordine e alla convergenza degli opposti, convergenza avvertita per un certo periodo sì come difficile, ma non impossibile. La soluzione di questo dissidio non tarderà ad arrivare e si risolverà non nella conciliazione, bensì nell'affermazione del primato dell'io, tradotto nel dato pittorico con il conseguente abbandono di ogni spunto narrativo. Le immagini devono dire, non raccontare o descrivere: così i rimandi figurativi si eclissano, mentre il colore e la materia diventano gli esclusivi protagonisti della composizione. Raramente la figura riappare, non mancano tentazioni successive, ma sempre al di fuori di implicazioni realistiche.
ecceNei primi anni sessanta Liverani si impegna in un'operazione di semplificazione cromatica, il grigio e i colori terrosi diventano dominanti con una consistente presenza di nero, le larghe spatolate e le semplici pennellate con cui il colore viene distribuito sul supporto danno all'immagine una dinamica espressiva e un andamento fisico, concreto che incorpora la gestualità, la trattiene per testimoniare ancora una volta il primato della soggettività, che oramai si conferma come is via maestra della ricerca. E' quests esperienza un passaggio determinante perché da questo momento appare più libero, più sicuro, forse più convinto e deciso nello scorrere dalla semplificazione alla complicazione, e viceversa. Un cambiamento radicale avviene sul piano delle scelte cromatiche, la scoperta di colori forti anche stridenti tra loro - verde smeraldo, blu intenso, giallo, rosso - é l'incentivo per cercare degli accordi, pur spericolati, che non offendano la visione. Le invasioni di campo, la frantumazione voluta portano ad un ripensamento dell'astrazione, perché i riquadri che costituiscono la composizione, danno all'immagine una struttura di apparente solidità, mentre bagliori e traiettorie di colore sembrano esplodere e uscire da schemi costrittivi. La frantumazione si traduce nel tempo nel frammento, non solo dell'immagine, ma dell'opera stessa. Tavolette di legno dai contorni occasionali, ritrovate chissà in quale deposito di materiali destinati alla dispersione, vengono applicate su un supporto, per così dite "nobile", che funziona da fondale neutro; esse accolgono immagini vaghe, talvolta riprese da esperienze precedenti e rivisitate, che comunque consentono una riflessione, se non proprio un ripiegamento, per sperimentare ancora una volta on accordo tra elementi contrastanti tra loro. Mentre lo strato e l'incidenza del colore si rafforzano ulteriormente, assumendo valenze magmatiche, oppure, di contro, alleggerendosi, l'immagine tende ad appiattirsi su un piano bidimensionale per farsi specchio segreto, dove l'artista e l'osservatore possono fissare sentimenti, intuizioni e stati d'animo, segnati da rasserenamenti e improvvise inquietudini, cedimenti e slanci emotivi. Verso la fine degli anni Ottanta l'esigenza di verifica, e di un bilancio complessivo, produce una pausa di riflessione che, tuttavia, non si risolve nell'esaurimento della tensione creativa. Liverani riprende allora la ricerca che non porta ad una riproposizione di esperienze passate, ma ad una risistemazione riassuntiva dei proprio percorso.
Così, nelle opere più recenti, a partire dal 1994, riappare la figura, pur sempre accennata, la i scomposizione e la sovrapposizione dei piani, il frammento e le immagini che riconfermano la scelta dell'astrazione e della concretezza della pittura.

Aldo SaviniSPA

 

internoDi fronte ai dipinti, credo a molti ignoti e per tutti sorprendenti, di Paolo Liverani, la mia prima impressione è quella di una particolare intensità e di un forte dinamismo pittorico che entrano in dialettica positiva con la dimensione sognata, lo stupore, il fascino d'evocazione delle sue figure sospese fra terra e cielo. Pare quasi che la sua opera, fattasi oggi così copiosa ed entusiasta, vada sempre più definendosi come luogo di contraddizioni ricche di sviluppi e di potenzialità in gran parte ancora ignote al pittore stesso.
La materia pittorica è densa, scattante, colma di colore sostenuto da lampi di luce che incidono, tagliano, frantumano l'oscurità magmatica del fondo e ne svelano l'affollarsi di forme inespresse e pronte ad apparire.
Il gesto può sembrar immediato, senza ripensamenti, persino elementare, mentre è piuttosto essenziale e teso, come la corda di un arco pronta a scagliare nello spazio la sua prima freccia acuminata.
Ecco, lo spazio: per Liverani il campo percettivo è definito a priori, non c'è orizzonte nè aria libera dietro le sue visioni, quasi che tutto possa avvenire dentro il riquadro tracciato quasi per necessità dal pittore. A ben guardare si°tratta di uno spazio interiore, che nulla ha di naturalistico o di descrittivo, e che, magari, preferisce dividersi e moltiplicarsi in più zone contigue, l'una legata all'altra come i fotogrammi di una pellicola o i riquadri di una striscia a fumetti (o, forse meglio, come un rotolo miniato dell'alto medioevo ...).
Non c'è traccia di mimesi nella sua immagine, perchè la natura si nasconde - ancor una volta - dentro queste creature, è la loro linfa vitale, il respiro che le fa muovere nella luce. Ma si sa, "la natura ama nascondersi" e certamente questo frammento incredibilmente bello di Eraclito non è estraneo alle intenzioni del nostro pittore, colto e sensibile per scelte e per esperienze di vita.
Al mito greco ed alla sua fortissima carica simbolica Paolo Liverani abbevera la figura doppia, la "persona" a due corpi ed un'anima sola che compare in tutti i suoi dipinti: il cavaliere in groppa al suo cavallo. E poi, vi aggiunge qualche cosa in più, qualche elemento che, pur riferendosi ancora agli intrecci del mito, li reinterpreta alla luce solare, distesa del nostro primo Rinascimento.

Marilena PasqualiiSPA

 

inter2Davanti ad opere così intrise di pittura vien da sé, mi pare, l'interrogarsi sulle ragioni fondanti di una creatività che nella sua fase di maturazione ha mostrato risoluta negazione di ogni ordine concettuale in senso rappresentativo, con connotazioni decisamente espressioniste e nella piena coscienza dei valori acquisiti dalla storia dell'arte.
E, ancora m'interrogo, è forse azzardato, considerare come narrativa la pittura di Paolo Liverani con quel suo processo di trasmissione del fantastico che ha origine e trae linfa vitale dalla letteratura, dalla filosofia, dalla mitologia e, appunto, dalla storia dell'arte? E, almeno in partenza, è davvero escluso tra le motivazioni dell'artista faentino un qualche spirito d'avventura d'influenza neoavanguardista, laddove alla tradizione pittorica Liverani ha comunque inteso connettersi non tanto in chiave citazionista o iconica, ma nell'ascolto libero e soggettivo dei richiami della storia, del tempo, dello spazio?
La pittura di Liverani ha un suo fondamento etico. Essa non scaturisce da conferita volontà programmatica. Non s'impone per esclusiva eccellenza di stile. Non vive di solo virtuosismo formale. Filtro dell'interiorità e specchio di una realtà riflessa nella storia, la pittura di Liverani si dichiara piuttosto per quel che veramente vuol essere: strumento attivo di rivelazione, mezzo ed insieme fine per una comunicazione totale e compenetrante.
Liverani accetta, è evidente, gli strumenti informali, ma senza mai cadere nell'indistinto. All'artista la vena narrativa impone di mantenersi sulla soglia della figurazione, ma è suprema l'aspirazione ad una forma che non imbrigli la materia.
Questa è pittura, prima "del gran nulla".

Orlando Piraccini SPA

 

Da una lettera di Marcello Venturoli del 12 agosto 2002

mascheraCarissimo' Liverani, i tuoi disegni sono bellissimi! Non c'e nessuna incertezza di compitazione, nessun tipo di acerbità, nessuna carenza di un mezzo voluto adoperare su altro mezzo: il fruitore li gode come davanti ai tuoi migliori quadri, poichè la tua visione è definitiva, tua. E se ogni volta come anche adesso, il ricordo di un maestro è di casa, quasi a fargli filialmente il verso, i pagliacci e i Cristi di Rouault, ci sei sempre tu, che occupi inequivocabilmente quella casa, col cuore e la memoria e la intelligenza. Io ipotizzavo il caso che tu mi mandassi delle idee da sviluppare in virtù delle quali si potesse "fare qualche cosa insieme"; suggerirti lo sviluppo illustrante di un tema intuito, rimastoti nascosto dentro, che so, per prender coraggio e quasi ritrovare tu simpatia per certi argomenti ed abbandoni. A parte il fatto che ogni volta mi dimostri che sei abbandonato al modo giusto, maturo, dicevo, sei subito così definitivavemte fisionomico, che anche dai tuoi disegni si può soltanto chiedere: fanne altri, di tutte le dimensioni, magari con varie tecniche, policromi; che esca ancora di più fuori il tuo mondo di preti campanili, di tiare cuspidi, di benedizioni razzo, di cavallini alati in nero cammeo nello spazio, di soli palle di calcio, di paesaggi fatti di nature morte, di paesaggi contadini a forma di edifici di legno e fili di ferro, paesaggi pollai, di spazi di lavagne di bambini, che tengono gessetti con l'aiuto di polsi fermi di professori, polsi fermi a dire la necessità di esprimersi bene, ma secondo quanto il riso e il pianto ci ditta dentro. Nei tuoi disegni c'è un piccolissimo calvario agreste messo in scena sempre in spazi sensibili e metafisici da te, nipotino del Novecento. Altro che trans avanguardia! Avanti ancora a fare fidanzate di prelati ippogrifi di solitari golgota da pic nic, tu sei capacissimo di fare un tenero pic nic alla presenza di un Cristo in croce. Rispondimi.
Un abbraccio

MarcelloSPA